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Le veglie: il patrimonio della memoria

Fin dalla notte dei tempi, le fonti orali sono sempre state la memoria a cui attingere per trasmettere alle generazioni future il patrimonio storico e folcloristico delle nostre genti.

Quando nelle case mancavano tv, computer, smartphone e termosifoni, le famiglie della Valdichiana trascorrevano le sere d’inverno a veglia, riunite attorno al grande focolare che occupava tutta la cucina, a raccontare storie, alcune realmente accadute, altre leggendarie.

Per anni frammenti di cultura popolare contadina, si sono tramandate oralmente vicino al fuoco del cantone.

In questo ambiente così raccolto, così intimo, composto da amici e parenti, ognuno dava libero sfogo alle proprie arguzie umoristiche, a scherzi, giochi, racconti di vita. Famiglie intere si spostavano a giro da un podere all’altro per andare a veglia; citte e citti (ragazze e ragazzi) aspettavano la sera della veglia per incontrarsi. Erano momenti di ritrovo, di svago, ma anche di confidenza e solidarietà.

I testimoni di questi momenti oggi sono sempre più rari. Quel patrimonio di memoria che le veglie custoviano, oggi rischia di scomparire per sempre, perchè di veglie se ne fanno sempre meno.

A questo proposito vi lasciamo con un pensiero:

“Noi non eravamo sempre connessi; e questo ci ha dato modo di esercitare la fantasia. Non avevamo Wikipedia; e questo ci ha allenato la memoria. Non eravamo prigionieri della rete come criceti nella ruota; e questo ci ha insegnato ad assaporare il tempo, a volte persino la noia.”  – “Metti via quel cellulare” di Aldo Cazzullo.

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