Il Bravio delle Botti di Montepulciano, si sa, è una manifestazione molto coinvolgente, con i suoi connotati tra lo storico, il sacro e il profano. Ci sono aspetti di questa celebrazione che tutti conoscono e per cui, molto probabilmente, non c’è nemmeno bisogno di un’ introduzione: il proclama del Gonfaloniere, il corteo dei Ceri, la sfilata e la gara tra le 8 contrade il giorno del Bravio (ultima domenica di agosto).
Eppure il Bravio non è mai ciò che si vede da fuori e non può essere ridotto ad una semplice attrazione. Esiste infatti un mondo sommerso, una realtà parallela a tutti gli eventi che attraggono turisti e visitatori, che si potrebbe definire come la vera essenza della festa: la vita di contrada. Ora, io non lo so come funziona nelle altre contrade, ma nella mia le cose vanno così più o meno tutti gli anni.
Si parte con Calici di Stelle, il 10 agosto, altrimenti definita la “provaccia”: è il test dei piatti, del gruppo, delle relazioni, in vista della lunghissima e faticosissima settimana degli eventi a fine agosto. Gli animi al 10 agosto sono generalmente carichi e speranzosi, quindi in linea di massima, l’aria che si respira è ancora quella del “volemose bbene”.
Poi arriva il Gonfaloniere e lì già le cose cambiano. L’ansia si inizia a far sentire, i contradaioli sono già un po’ più sotto pressione perché tutto dovrà essere perfetto e funzionare in modo da soddisfare gli affamati di cucina tipica durante le cene. Tuttavia il bello arriva intorno a metà settimana: sì perché già dopo 4/5 notti con solo quattro ore di sonno, a cui si aggiungono stanchezza e stress, gli animi sono un po’ meno riposati e l’effetto delle ferie in gran parte è svanito. E’ a questo punto della settimana che si scatenano i tormentoni, roba che a confronto “Despacito” è il nulla: “io basta, domani un vengo, vo’ ai Ceri” – “io mih, il prossimo anno mi dimetto, è diec’anni che un vedo niente della festa, un ce la fo più” – “qui ognuno fa come gli pare”.
E parte la polemica illimitata e sfrenata come solo il vero toscano sa fare. Poi ci sono le frecciatine, le discussioni, le incomprensioni, nei casi peggiori, le litigate. Ora, chiariamo: fa tutto parte del gioco, il bello è anche questo. Come in ogni famiglia con qualcuno si va più d’accordo e si è più in sintonia mentre con altri meno, ma in linea di massima quello che rende veramente unico il Bravio è proprio questo, ovvero che funziona un po’ come con i parenti: battibecchi a non finire, ma a Natale tutti alla stessa tavola.
E poi, diciamocela tutta, la maggior parte delle acredini createsi nel corso della serata si spengono dopo le 11 di sera. Quando la cassa chiude, la contrada fa vedere la sua vera anima . Non so come vanno le cose altrove, ma nella mia succede questo: dopo il grande impegno nel corso della serata, i contradaioli si prendono la loro giusta ricompensa con una bella cena, tutti a goder dello stesso banchetto.
E allora via brindisini, vino rosso, cori, inni intonati con mano sul cuore, applausi agli spingitori, applausi alla cucina, ringraziamenti al rettore, risate, battute (spesso vietate ai minori di 14 anni). E poi pici in tutte le versioni, e vino, e ancora canzoni e risate. Insomma, negli ultimi anni in contrada ho visto cose che voi forestieri non potete neanche immaginare e ho assistito a spersonalizzazioni vere e proprie: individui sempre seriosi e compunti, grigi in volto per la maggior parte dell’anno, che diventano gridatori provetti all’urlo di “la mia contrada vincerà”, un sorriso a 89 denti stampato e un bel color rosso purpureo nelle gote.
Potrei aggiungere che è in questa scena che si riassume il genuino perché della continuità del Bravio dal 1974. Ma tutto questo non è altro che il preludio al giorno della competizione: la tanto attesa ultima domenica di Agosto. 18 ore di fiato sospeso, di suspance, di ansia e aspettative che, in alcuni casi non si realizzano mai. Ma questa è un’altra storia.